Istruzioni per continuare a leggere. Casati presenta il suo nuovo libro “Contro il colonialismo digitale” al Salone di Torino

Torino. Seconda giornata per il XXVI Salone Internazionale di Torino. Molti gli eventi che oggi hanno avuto luogo nel centro di Lingotto Fiere, tra cui la presentazione di “Contro il colonialismo digitale – Istruzioni per continuare a leggere”, l’ultimo lavoro del filosofo e intellettuale Roberto Casati.

All’incontro, che si è tenuto alle 13:30 nella Sala Blu del Salone, hanno partecipato Alessandro Laterza, amministratore delegato della nota casa editrice, il professore di Informatica Umanistica all’Università della Tuscia Gino Roncaglia, il professore di Filosofia Teoretica all’Università di Torino Maurizio Ferraris e l’autore del libro Roberto Casati, filosofo e direttore del CNRS.

Il primo tema affrontato è stato se il nuovo ambiente fornito da internet cambi il modo e la sostanza della lettura e in che misura l’iPad costituisca una costante interruzione dell’attenzione e della concentrazione. Il professor Gino Roncaglia, riprendendo quanto esposto da Casati nel saggio, ha sottolineato che la lettura è legata alla concentrazione di chi legge. “Il libro è un percorso lineare, non una pluralità. La nostra attenzione, quella richiesta dalla lettura, è sequenziale. L’aspetto della protezione dell’ambiente di lettura rimanda all’organizzazione dei testi. Gli ipertesti vanno bene per le guide, ma saggistica e narrativa richiedono un percorso più lineare”. Riguardo all’interfaccia dell’iPad che distrae, Roncaglia ha affermato che sarebbe opportuno mantenere la possibilità di lettura anche in un ecosistema digitale. Ha fatto l’esempio di un giovane che entra in una sala che contiene torte invitanti e insalata: mantenendo le due insieme, c’è una speranza che il giovane scelga l’insalata, o perlomeno la noti. Se si trovassero in due sale diverse, ci sarebbe la possibilità che l’insalata non venga mai notata. Ciò non toglie, però, che degli accorgimenti sul design dell’interfaccia dei dispositivi digitali vadano presi.

Il filosofo Maurizio Ferraris ha sottolineato che non stupisce la scarsa diffusione degli e-reader di libri digitali, perché non corrispondono all’abituale fruizione dei libri, proprio come gli audiolibri. L’iPad, invece, ha avuto successo perché ha moltissime funzioni. Ferraris ha specificato che usa l’iPad come archivio portatile, ma si è reso conto che si tratta di un uso anomalo. È d’accordo, quindi, sul fatto che con l’iPad viene meno la concentrazione. Non si usa più leggere in un ambiente protetto come le biblioteche. Ha poi affrontato il tema della funzione della scuola. Prima era “il luogo in cui si imparava a mantenere un’attenzione prolungata su un certo numero di pagine, cercando di ricordarle ed elaborarle”. Con l’arrivo del digitale, il ‘copia/incolla’ favorisce la scarsa interiorizzazione delle informazioni, esperienza legata all’ambiente della forma libro.

Il punto, ha spiegato Roberto Casati, è imparare a negoziare con il digitale, reinventandolo con creatività. Ferraris ha trasformato il suo iPad in archivio, anche se questo strumento non è nato per tale scopo, ma come vetrina di contenuti. “La nostra vita non ci permette di subire passivamente il digitale”. Casati ha sottolineato che non è contro il digitale, bensì un anti-colonialista. “La tesi del colonialismo digitale”, ha affermato l’autore del libro, “è semplice: se una certa pratica o contenuto possono migrare verso il digitale, allora devono farlo”. Nel discorso colonialista c’è una normatività implicita. Per fare un uso creativo delle tecnologie, però, non dobbiamo subirle.

Bisogna capire cosa può migrare e cosa non deve migrare verso il digitale. Da un lato c’è la fotocamera integrata nei telefoni cellulari, una migrazione che ha avuto successo, dall’altra c’è la promessa di democrazia online. Su questo Casati ha fatto notare che è “il più grande attentato possibile, bisogna impedirlo”, perché non si avrebbe un voto libero, autonomo e indipendente. Tra i due estremi ci sono i libri e la scuola. È in questo campo che si capirà se riusciremo a interpretare le nuove tecnologie creativamente, o se le subiremo commercialmente.

Casati, nel libro, ha scritto che un esempio di creatività potrebbe essere quello di introdurre un “mese della lettura” nelle scuole, ore curriculari in cui i ragazzi possano leggere in un ambiente protetto, in cui il digitale non possa interferire. Roncaglia ha posto l’accento sulla salvaguardia, più che della lettura su carta, della capacità di lavorare con contenuti complessi. “La scuola deve essere una palestra di ragionamento e di comprensione di contenuti complessi, ma non passa necessariamente per la protezione dal digitale: bisogna farne un utilizzo ragionato”. Ferraris ha aggiunto che non bisogna incolpare il digitale di caratteristiche non strettamente legate ad esso, ma al suo uso. “La colpa non è del digitale, ma di una scarsa riflessione sulla sua natura e su come integrarlo nell’ambiente universitario e l’apprendimento scolastico”. Si può immaginare una convivenza di diverse dimensioni, ma facendo attenzione a riconoscere le specificità degli ambienti.

L’autore del libro ha concluso enfatizzando un equivoco semantico diffuso, secondo cui la scuola dà accesso alla conoscenza e, quindi, con il digitale è più facile. L’equivoco sta nel fatto che parlare di conoscenza in ambiente digitale non significa nulla. Su internet si può semplicemente accedere a informazioni, poi bisogna leggerle, capirle e assimilarle prima di arrivare alla conoscenza, a cui il digitale non darà mai accesso. La conoscenza è un lavoro indipendente, che richiede tempo e spazio protetti.

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