Permettetemi di fare pubblicamente una dichiarazione di amore verso Papa Francesco.
Naturalmente non di quelle declamatorie e sfacciate che leggiamo sui muri dei palazzi di periferia e/o sotto i ponti delle autostrade, tipo: “ti amo!”.
No. Non stiamo a questo sottolivello.
Si tratta di un amore di stima, di apprezzamento e di condivisione.
Leggendo il discorso tenuto dal papa il 28 ottobre scorso nell’aula del Sinodo alla Conferenza “(Re)Thinking Europe” promossa dai vescovi europei, ho trovato particolarmente significativi e urgentemente attuali due passaggi che voglio condividere con voi.
Uno riguarda il concetto di “Cittadino” e l’altro l’importanza della “Persona” nell’attuale mondo tecnologico e tecnocratico..
Il cittadino.
«Nel tramonto della civiltà antica, mentre le glorie di Roma divenivano quelle rovine che ancora oggi possiamo ammirare in città; mentre nuovi popoli premevano sui confini dell’antico Impero, un giovane fece riecheggiare la voce del Salmista: «Chi è l’uomo che vuole la vita e desidera vedere giorni felici?». Nel proporre questo interrogativo nel Prologo della Regola, san Benedetto pose all’attenzione dei suoi contemporanei, e anche nostra, una concezione dell’uomo radicalmente diversa da quella che aveva contraddistinto la classicità greco-romana, e ancor più di quella violenta che aveva caratterizzato le invasioni barbariche. L’uomo non è più semplicemente un civis, un cittadino dotato di privilegi da consumarsi nell’ozio; non è più un miles, combattivo servitore del potere di turno; soprattutto non è più un servus, merce di scambio priva di libertà destinata unicamente al lavoro e alla fatica».
La persona
«Il primo, e forse più grande, contributo che i cristiani possono portare all’Europa di oggi è ricordarle che essa non è una raccolta di numeri o di istituzioni, ma è fatta di persone. Purtroppo, si nota come spesso qualunque dibattito si riduca facilmente ad una discussione di cifre. Non ci sono i cittadini, ci sono i voti. Non ci sono i migranti, ci sono le quote. Non ci sono lavoratori, ci sono gli indicatori economici. Non ci sono i poveri, ci sono le soglie di povertà. Il concreto della persona umana è così ridotto ad un principio astratto, più comodo e tranquillizzante. Se ne comprende la ragione: le persone hanno volti, ci obbligano ad una responsabilità reale, fattiva, “personale”; le cifre ci occupano con ragionamenti, anche utili ed importanti, ma rimarranno sempre senz’anima. Ci offrono l’alibi di un disimpegno, perché non ci toccano mai nella carne».
Con questo voglio augurare a tutti una buona e impegnata settimana, rassicurando quanti si sono preoccupati del mio silenzio che sono in ottima salute.
Sono stato assente per due viaggi molti istruttivi.
A metà ottobre sono stato in Germania: una lezione di storia sulle orme di Lutero. Poi sono andato in Vietnam, là dove, tra l’altro, visitando il museo della “guerra americana”, ho riscoperto la giustezza e l’orgoglio della mia partecipazione alle manifestazione antiamericane degli anni settanta!
Un abbraccio a tutte e tutti.
Don Aldo Antonelli