Torna a farsi incandescente la situazione in Medio Oriente, in quella che, a tutti gli effetti, sta diventando una guerra su tre fronti nello scontro ribattezzato: ”la guerra del petrolio”. Nella notte tra mercoledì e giovedì, le truppe U.S.A. hanno sferrato un raid aereo contro le forze governative di Bashar al-Assad, colpevoli a loro volta, secondo le fonti statunitensi, di un attacco nei confronti del SDF (Syrian Democratic Forces) ossia le truppe multietniche addestrate dal Pentagono che si oppongono alle forze dell’ISIS,composte per l’80% dalle Ypg (curdi e siriani).
L’attacco è stato sferrato nella zona di Deir al-Zour situata a 10 km sud-est dell’Eufrate, una regione ricca di giacimenti petroliferi. Immediata la reazione da parte della Russia che ha dichiarato “deplorevole” l’attacco americano nei confronti delle truppe di Assad e ha convocato, in accordo con la Turchia, un nuovo summit a cui parteciperà anche l’Iran e che si terrà ad Istanbul.
Da Washington, si difendono dichiarando: ”le nostre truppe hanno il diritto di auto-difesa, ma non stiamo cercando di aprire un conflitto con il regime siriano”.
Una situazione caotica, lunga sette anni con circa mezzo milione di morti e l’orizzonte della pace è ancora lontano. La Russia appoggia il regime di Assad nella guerra contro l’ISIS, la Turchia attacca le forze curde nel nord del paese,l’Iran dichiara il “protettorato”sulla Siria in opposizione a Israele che addestra e supporta le truppe curde del SDF insieme con gli Stati Uniti. Un tutti contro tutti, insomma, un “Risiko” che rischia di far degenerare ancora di più la situazione, con uno spostamento del fronte a nel confine nord dal Libano alla Siria, nel caso gli hezbollah e l’espansionismo degli ayatollah tentassero di piazzare delle roccaforti al confine con Israele. Un’evenienza che tutti noi ci auguriamo non diventi realtà. Domenico Corsetti