Fascisti e (anti) fascisti: quegli spazi che separano il dire dal fare

Per dirla con Ennio Flaiano: “In Italia i fascisti si dividono in due categorie: i fascisti e gli antifascisti”. Può sembrare uno scherzo, un motto ironico su una contrapposizione che i fatti di Macerata hanno contribuito a rendere più evidente. E invece no. Flaiano aveva proprio ragione! Si, lo so, qualcuno ora starà dicendo “questo è pazzo”, anzi peggio; ma datemi il tempo di spiegare, poi usate tutti i termini che volete, nel bene o nel male. Sono diversi giorni che le parole “fascismo” e “antifascismo” si possono ascoltare in gran parte dei dibattiti televisivi, tant’è che la domanda “lei è fascista o antifascista?” (o simili) è quasi diventata un intercalare. Vorrei però che per una volta si focalizzasse l’attenzione sulle azioni più che sulle parole. Abbiamo visto “fascisti” che disturbavano e in alcuni casi picchiavano “antifascisti” e abbiamo visto anche il contrario, da anni ormai, non solo ora. In cosa sono diversi i protagonisti degli atti violenti, siano essi attivisti di Forza Nuova (e altre formazioni e partiti di estrema destra) o membri di alcuni centri sociali (e altre formazioni e partiti di estrema sinistra)? Divergono per il fatto di dire di esser fascisti da un lato e antifascisti dall’altro, di avere diverse idee. Divergono, per lo più, in cose che dicono di essere. Ma una parola basta sempre a descrivere e giustificare le azioni di un uomo? Generalmente, impariamo a conoscere le persone quando ne saggiamo il comportamento, con tutto ciò che ne consegue; le parole contano poco, sennò. È allora lecito dire questo: dove ci sono azioni violente, mancanza di rispetto, odio, rabbia, lì.. ci sono solo degli imbecilli.. e quegli imbecilli, siano essi fascisti o antifascisti, abbraccerebbero qualsiasi idea, buona o cattiva, solo per trovarci dentro un motivo appena palpabile che dia loro il permesso di “riflettere” con le mani.. mentre quelle idee gli muoiono in tasca. Massimiliano Di Paolo

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