Tutto quello che avreste voluto sapere (e non avete mai osato chiedere) su Dita Von Teese

Pelle bianca come la neve, capelli neri come l’ebano, labbra rosse come il sangue, e… una coppa di Martini a grandezza d’uomo. Non è Biancaneve, è Dita Von Teese:  la regina del burlesque, detta da alcuni “l’ultima delle pin-up”, da altri “la sensualità incarnata”. Ma come ha fatto la giovane Heather Sweet, nata in una cittadina del Michigan da un’estetista e un operaio, a diventare Dita Von Teese? Per un errore di stampa. Era il 2002 e Heather aveva già adottato lo pseudonimo Dita. “Stavo posando per Playboy e mi dissero: “Devi avere un cognome”. Io dissi: “Perché? Voglio essere come Madonna, Cher…”. Loro si opposero. Così, sfogliando l’elenco telefonico mentre sorseggiava un drink, Dita scelse il cognome Von Treese… ma sulla rivista lo scrissero Von Teese. “Sono felice che sia finita così!”.

Cosa distingueva Dita dalle altre ragazze che tentavano il successo come stripper o modelle? Il suo stile inconfondibile. Erano gli anni ’90 e i sex symbol femminili erano le modelle bionde e abbronzate sulla copertina di Sports Illustrated o Cindy Crawford, con il suo trucco naturale e la folta chioma castana. Dita, che adorava le dive del cinema anni ’40 e lo stile anni ’50 delle pin-up, volle tingersi i capelli di nero corvino e truccarsi il viso di bianco, per avere una pelle di porcellana. Si presentò al suo primissimo provino in lingerie vintage: corsetto, calze e guanti lunghi fino al gomito. Si ispirava a Gypsy Rose Lee, la “regina dello spogliarello” degli anni ’30 e ’40, a Betty Grable, la primissima pin-up che rivaleggiava in fama con Marilyn Monroe, e a Bettie Page, la pin-up dai capelli corvini che ha ispirato uno dei più celebri look di Katy Perry. Dita, con i suoi boccoli neri e il suo stile vintage, andava contro ogni moda dell’epoca. “So che la gente pensava che fossi una tipa strana per via del mio look retrò, ma mi ha aiutato a spiccare”. E così finì per creare una controtendenza che divenne iconica.

Qual è l’arte di Dita? Naturalmente il burlesque, che lei stessa ha riportato in auge negli anni 2000. “Molti pensano che il burlesque sia solo una ragazza che balla indossando rossetto rosso e calze a rete, ma è molto di più. Le donne si esibiscono in uno striptease completo, ma si tratta di un autentico spettacolo. È molto elaborato”. Le performance di Dita sono particolarmente complesse: “Uso gigantesche attrezzature sceniche. Probabilmente il mio numero più famoso è la Martini glass dance, dove sono in una coppa di Martini gigante e sguazzo per qualche minuto nell’acqua tiepida con una grossa spugna a forma di oliva”. Oggi Dita Von Teese è una vera “evangelista del glamour”, come ha scritto nella descrizione del suo profilo Instagram. Dopo la fine del matrimonio con Marilyn Manson (sì, proprio lui), ha cantato in un album composto da Sébastien Tellier ed è più impegnata che mai nella tournée del suo nuovo show, “The Art of the Teese”, il cui titolo gioca sull’assonanza tra Von Teese e tease, che in inglese significa “stuzzicare”. Uno show di burlesque che è anche un inno alla body-positivity, cioè all’amore per il proprio corpo al di là degli stereotipi: “Voglio che il mio spettacolo sia un insieme di etnie, diversità, bellezze ed età differenti. Tutti possono essere sexy, e possono trovare un modello nel mio show che in qualche modo riesca a rappresentarli. Ormai, ho fatto di questo la mia missione personale alla ricerca dell’unicità”. Francesca Trinchini

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