Uno spot neorealista con siciliani veraci per la collezione 2013 di D&G

Siciliani veraci, orgogliosi, a testa alta. Con le camicie di seta stampata infilate nei pantaloni scuri, un pò corti e larghi, messi giusti sul punto vita e stretti dalla cintura, con le maglie a righe orizzontali, i calzoni corti da scugnizzo degli anni 50 e le scarpe grosse da contadino, aperte quasi a sandalo, con le giacche peso-piuma in garza di lana che prende la forma del corpo ma resta sartoriale. Mica sono i soliti modelli bellissimi, questa è gente di Sicilia, bassina, coi ricci lucidi e il taglio fresco di barbiere, magrolina ma muscolosa, oppure ben piazzata ma tornita dal lavoro. Facce di carattere, scelte a una a una, perchè la sfilata di Dolce & Gabbana stavolta è un film. È cinema neorealista versione 2012, anzi 2013, perchè è all’estate del prossimo anno che la collezione è dedicata. Domenico Dolce e Stefano Gabbana ci avevano avvertito: stavolta la sorpresa sarà grande, e così è. Entrano in scena chitarra e tamburello, fiscalettu (zufolo), bummulu (anfora) e marranzano (scacciapensieri), il ritmo è serrato, la sfilata anche. Sono 73 i protagonisti di questo film della moda: hanno dai 12 ai 43 anni, sono stati scovati in tre mesi di ricerca, sono pescatori, studenti, manovali, barbieri, camerieri. C’è il laureato disoccupato che si arrangia, il ragazzino con le gambe storte e la bella faccia scolpita, il dongiovanni e il padre di famiglia: sono stati reclutati tra Catania, Taormina e Messina, tre mesi di casting, molti di loro all’inizio non ci credevano. Ma poi l’hanno presa sul serio, sono entrati nella parte, hanno fatto le prove, sono venuti a Milano tutti assieme. «Ce la fai domani sera?» ha chiesto ieri Domenico e Salvatore gli ha risposto al plurale: «Ce la facciamo, ce la facciamo». Sfilano con una bravura che colpisce, come un piccolo esercito veloce, al ritmo dello scacciapensieri: non hanno voluto farsi toccare i capelli, i due stilisti hanno accettato, era nello spirito di questa strana impresa, che poi strana non è: «mettere la moda addosso agli uomini veri, perchè la moda è abbigliamento per persone reali, è costume. Gli accessori vengono dopo, stanno intorno, sono importanti, fanno fatturato, ma non sono la moda». Questa cosa tutta nuova sembra una ricerca di radici profonde: «siamo riusciti a emozionarci di nuovo – dicono Domenico e Stefano – abbiamo scelto di correre un rischio, abbiamo riscoperto il gusto di lavorare con la verità del genere maschile, quello reale. Oggi la crisi sta nella bugia, nella finzione. Tutto ciò che è artefatto non ha valore. Abbiamo voluto un mondo vero, fatto di persone vere, di musica vera, e tutto fatto veramente in Italia». E c’è un aspetto che alla fine colpisce veramente, in questa sfilata neorealista: lo spettacolo dell’umanità sincera non soffoca anzi esalta la collezione. Non si possono non notare le bellissime camicie di seta foulard stampate con i pupi siciliani, le maglie con le immagini dei templi e i disegni dei carretti siciliani. Ma soprattutto le giacche della affollata chiusura finale: ognuna è diversa, ognuna è speciale, in garza di lana doppiata di organza o in due strati di chiffon, dal nero all’ecru, tutte svuotate e leggerissime eppure perfette. «Questo è il lusso che ci distingue dal low cost, questa è la qualità, che non ha prezzo» dice Stefano. I neomodelli sembrano capirlo perfettamente, mentre percorrono velocemente la passerella tra gli applausi che sottolineano con allegria il ritmo di «Sciuri sciuri, sciuri di tuttu l’annu».

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