Un pomeriggio di ordinaria follia: quando le parole pesano più dei fatti sperati

“Buon pomeriggio, Presidente”. “Buon pomeriggio a voi”. “Salve Presidente”. “Bentornato, dottor Berlusconi”. “Presidente, mi lasci stringerle la ma-”. “Dottor Berlusconi, per piacere! Onorevole Salvini, a che punto siamo?”. “Presidente, siamo disuniti più che mai. Abbiamo stilato una serie di punti, ma ad uno di essi questo signore di Arcore non vuole proprio dare la sua benedizione”. “Molto male. Mi state facendo perdere la mia proverbiale pazienza siciliana, che tutti mi attribuiscono solo perché non parlo. E perché faccio finta di ascoltare con interesse. Per il nome del premier? Su questo siete d’accordo?”. “Certo Presidente! Sarò io! Silvio Berlusconi! Ho salvato l’Italia dai comunisti, ora la salverò dagli Alessandro di Battista di turno! E con certi giochetti che nemmeno Nicole Minetti conosce, ancora!”. “Presidente, non lo ascolti! Noi della Lega, con l’appoggio di Fratelli d’Italia, pensiamo di proporre Giancarlo Giorgetti per un preincarico. È inoltre necessario coinvolgere il Movimento Cinque Stelle”. “Veramente io non sarei d’accordo”. “Silvio, per favore. Sono io il leader del centrodestra. E basta!”. “Però io quelli proprio non li sopporto. Mi è più simpatica quella culona inchiavabile di Angela Merkel. Coi Cinque Stelle mai!”. “Silvio, basta. Punto. Presidente Mattarella, assieme ai Cinque Stelle il governo si farà”. “Però io-”. “Basta Silvio!”. “Va bene, Matteo. Scusami. Speravo di parlare con un Angelino Alfano”.

Chissà che non sia andato proprio così l’incontro tra la delegazione di centrodestra e il presidente Sergio Mattarella, visto l’esito. In fondo, dal 4 marzo ci vengono regalati degli aneddoti preziosi, memorabili quanto lo sbarco in Normandia o Berlusconi che dichiara: “Mi raccomando. Fate i bravi. Sappiate distinguere chi è un democratico e chi non conosce neppure l’abc della democrazia”, riferendosi ai Cinque Stelle. Ma quest’ultima frase non è un gioco di fantasia. La “coalizione” di centrodestra, dopo di ciò, ha manifestato ancora un’evidente inconsistenza interna. Per questo ha visto sfumare la possibilità di intimidire Luigi Di Maio e di costringerlo ad un compromesso, di fronte ad una solidità sui punti ormai campata per aria. Infatti, Matteo Salvini continua a ribadire l’importanza di una collaborazione con il M5S. Ma il Caimano è incline a questa possibilità quanto l’acume di Maurizio Gasparri a comprendere che non si cade giù dal bordo, se si naviga lontano dalla riva. E questa cosa ormai l’hanno capita tutti.

Ieri, quindi, abbiamo visto andare completamente in fumo anche il secondo giro delle consultazioni. Infatti, la delegazione solo renziana del PD ha parlato all’unisono col pensiero del suo vero segretario: grazie ad un telecomando che Matteo Renzi ha tra le mani da un po’, ormai. Il PD non si allea con nessuno e non parla con nessuno. Stop: un partito “democratico” quanto una conversazione con Vittorio Sgarbi. E persino lui parla, tra un tilt e l’altro. Poi c’è il Movimento Cinque Stelle che vorrebbe liberarsi del “fango” prima ancora di avere il potere per farlo: impone veti sui nomi senza avere il numero adeguato di seggi. Ma la possibilità che il M5S, in vista di un’alleanza con la Lega, porti Salvini a liberarsi di Berlusconi equivale a quella di vedere Renato Brunetta che fa le fusa tra le braccia di Marco Travaglio; e per i pentastellati anche la porta del PD è definitivamente chiusa. Intanto, prosegue la campagna elettorale per tutti. Speriamo proprio cambi qualcosa in meglio al più presto. Perché se è vero che mille miglia iniziano con un passo, occorre per prima cosa che qualcuno “si alzi dal letto”.

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