Chicago, NBA playoff 2012, gara 1. I Bulls, che vengono da una regular season fantastica, con record di 50–16, a meta del quarto quarto conducono sui Sixers per 90 a 73 con un Derrick Rose fresco vincitore di MVP (il più giovane di sempre – quasi 23 anni). Costume vuole che l’allenatore della squadra in netto svantaggio tolga i giocatori del quintetto per ammettere la sconfitta e lasciare gli ultimi minuti della partita alle riserve delle rispettive squadre. Il capo allenatore dei Bulls, però, è Tom Thibodeau, famoso nella lega per l’eccessivo minutaggio dei suoi 5 titolari (in questa stagione ai Timberwolves, tutti i giocatori del quintetto hanno una media di almeno 35 minuti giocati) e Rose ha la lega e soprattutto Chicago, ai suoi piedi. Nell’era post-Jordan, infatti, i tifosi dei Bulls hanno dovuto affrontare stagioni difficili ma finalmente sembrano aver trovato una speranza: il ragazzo con il numero 1 sulle spalle. Lui è quello giusto. E’ il ragazzo di Chicago. La storia sembra già scritta e sembra già avere un lieto fine, con il ragazzo cresciuto nella parte difficile della città che riporta il titolo Nba a casa.
Ma non sempre le cose vanno per il verso giusto. Manca 1 secondo e 10 decimi alla fine della partita, Rose sta dominando e decide di andare a canestro con la sua solita aggressività ma questa volta, dopo aver spiccato il volo, l’atterraggio non è dei migliori. Cade a terra tenendosi il ginocchio. Il tempo si ferma. Il pubblico prega. L intera NBA scoprirà poi la notizia peggiore: la carriera di Rose è finita (metaforicamente). Il contraccolpo è enorme, soprattutto psicologico, e i Bulls perdono la serie 4-2 contro dei Sixers non irresistibili. Ormai nella testa della gente c’è solo una domanda: quando torna D-Rose? Andiamo avanti di un anno, 2013. Lo spot dell’Adidas è memorabile, “the return of D-Rose”: tutti lo aspettano, tutti lo rivogliono in campo, vogliono rivedere quei gesti spettacolari con cui aveva fatto innamorare migliaia di persone (la canotta di Rose rimane una delle più vendute di sempre),ma lui non ritorna. Rimanda, non si sente pronto, non vuole accelerare il recupero. La stagione finisce e il n.1 non gioca neanche un minuto. Tutto viene rimandato all’anno dopo, dove torna, ma la gioia dura poco. Dopo 10 partite si infortuna nuovamente al menisco. Stagione finita. Per molti Rose è finito. Durante le sue poche apparizioni non sembra più lui, non ha più quell’atletismo che lo ha contraddistinto e reso immarcabile e, così, diventa un giocatore “normale”. Gli ultimi sprazzi del vero Rose si vedono nel 2015, nella serie contro i Cavaliers di Lebron James dove segna un canestro allo scadere in gara 3, ma dovrà poi arrendersi ai Cavs che vinceranno le successive tre gare.
Nel 2016 viene ceduto ai New York Knicks dove spera di rilanciarsi ma, nonostante abbia una buona stagione (18 punti, 3,8 rimbalzi e 4,4 assist con il 47,1% al tiro) non viene rifirmato dalla squadra della grande mela. Rose non ha più mercato, è un giocatore marginale, ma tutti hanno ancora negli occhi i suoi movimenti e le sue abilità, tutti sperano ancora di rivedere “the youngest mvp”. Viene firmato dai Cavs, una squadra che punta al titolo, dove quindi avrà possibilità di avere minuti importanti dopo la trade che ha portato Kyrie Irving ai Boston Celtics. Ma le cose vanno male per la seconda volta. Ha una serie di infortuni che lo portano anche a pensare al ritiro, ha paura di non riuscire più a camminare se dovesse continuare a farsi male. Dopo un periodo di riflessione torna a giocare (anche grazie all’adidas, che avverte che non gli verranno pagati gli 80 milioni di dollari concessi dopo l’estensione del contratto firmata nel 2012) ma prima della trade line finisce ai Timberwolves alla corte di Thibodeau, l’allenatore che probabilmente gli ha rovinato la carriera. Cosa sarebbe successo se Rose non avesse giocato quei inutili minuti finali? Chicago era una seria candidata al titolo ma i Miami dei big three (James, Wade, Bosh) sembravano davvero inarrestabili e Rose non avrebbe avuto vita facile. E paradossalmente avrebbe fatto molta fatica anche nella NBA attuale in cui il tiro da tre è diventato fondamentale, cosa che lui non hai mai avuto. Il suo contratto scade quest’estate e, quindi, dovrà valutare eventuali offerte e pensare seriamente al suo futuro. Alcuni tifosi lo riporterebbero a Chicago, nella sua città, per sperare di rivedere ancora per un pò “the youngest mvp”.
Lorenzo Milella