La giornalista turca Ece Sevim Öztür è stata rinchiusa nel carcere di Sulivi, in Turchia, dove resterà fino a quando non comparirà di fronte i giudici. Gli stessi che, a causa dei suoi tweet e post condivisi sul propri profili instagram e facebook, l’accusano di essere fornire sostegno a Fethullah Gülen, considerato l’ideatore e promotore del fallito golpe del 15 luglio 2016. Anche in quel caso la Öztür si prestò a girare un documentario su quei momenti ad altissima tensione che, a detta di molti, avrebbero restituito dignità allo stato nordafricano. Tra le accuse che le sono mosse vi è quella di “favorito e condiviso il tentativo di detronizzare il presidente Recep Tayyip Erdogan e di aver volontariamente aiutato nella preparazione del push pur non facendo parte della struttura gerarchica dell’organizzazione”.
Ancora un grave e inaccettabile episodio di censura mediatica in un paese in cui la caccia al giornalista è pressoché quotidiana. A oggi, infatti, sono più di 150 quelli arrestati e confinati nelle carceri di tutto il paese. A essi si aggiungono i contestatori dell’attuale presidente e gli oppositori del regime, per un totale di circa 50mila individui chiusi dietro le sbarre. Non solo giornalisti, anche attivisti, avvocati, giudici, militari e persone comune.