Mondiali, certo. Calciomercato, assolutamente. L’estate del calcio, specie il nostro di calcio ha però un altro minimo comune denominatore che risponde al nome di giustizia sportiva. Dopo la vicenda che ha visti coinvolti Cannavaro, Aronica e Reina i cui risvolti potrebbero essere anche penali, stavolta è il neo promosso Parma ad essere caduto nell’occhio del ciclone, stante il deferimento appena emesso dalla Procura federale Figc ai danni della società emiliana per responsabilità oggettiva derivante dalla presunta condotta illecita di un suo tesserato, Emanuele Calaiò, accusato di violazione dell’art.7 del Codice di giustizia sportiva in seguito all’inoltro di sms ad alcuni colleghi dello Spezia prima dell’ultima partita di campionato che ha visto contrapposte il 19 maggio scorso proprio queste due società e che è, all’esito, valsa la promozione nella massima serie del club emiliano. La querelle potrebbe avere enormi ripercussioni sul destino dei gialloblu e, normativa alla mano, la Serie A è effettivamente a rischio.
Prima di addentrarci nei possibili scenari sanzionatori, occorre ricostruire brevemente la vicenda. Tutto è scaturito da una segnalazione dello Spezia (società sulla quale, al pari di ogni altra, incombe obbligo di denuncia ai sensi del Codice di giustizia sportiva e che, proprio per aver ottemperato a tale obbligo risulta esentata da responsabilità come del pari è accaduto ai propri tesserati che hanno in prima istanza comunicato l’accaduto ai propri dirigenti) che ha informato il suddetto ufficio della ricezione da parte di due propri giocatori, De Col e Masi, di due sms inoltrati dal parmigiano Calaiò, di lì a breve avversario in campo. Questi messaggi sarebbero stati inviati 4 giorni prima del match, terminato con la vittoria corsara del Parma che ha consentito alla compagine allenata da D’Aversa di essere promossa in A, complice il pareggio interno del Frosinone contro il Foggia. Tutti gli atleti coinvolti sono stati già ascoltati dalla Procura FIGC: la condotta contestata dal Procuratore federale Pecoraro al calciatore del Parma è di violazione dell’articolo 7 del Codice di giustizia sportiva, sotto la forma del tentato illecito. Già dopo l’audizione del proprio tesserato, lo stesso Parma aveva evidenziato il “tenore assolutamente non compromettente” degli sms incriminati “privi di alcun tipo di irregolarità o malizia”. Montato il battage mediatico nelle ultime 18 ore, però, la stessa società emiliana ha dato seguito a questa presa di posizione con un comunicato ufficiale che rimarca l’assoluta non antigiuridicità dei messaggi, sottolineando come ogni eventuale misura sanzionatoria (perché, allo stato, è bene chiarire come non vi sia alcuna conferma di quanto sinora paventato da parte fonti ufficiali) sarebbe di fatto destituita di fondamento, una nota che è bene ribadire come fosse comunque antecedente al deferimento arrivato in questi minuti dal quale risulta invece archiviata la posizione del gialloblu Ceravolo, anch’egli autore di un messaggio inoltrato agli stessi destinatari e del pari ascoltato da Pecoraro assieme al compagno di squadra.
La domanda che tutti si porranno adesso è: cosa rischia il Parma? Qualora il deferimento dinanzi alla Corte federale portasse quest’ultima a veder presenti gli elementi oggettivi richiesti al fine di dichiarare il tentato illecito del tesserato con conseguente responsabilità oggettiva della società detentrice del relativo cartellino, il Parma appunto, essendo la dinamica sanzionatoria di tipo “afflittivo”, atta cioè ad applicarsi nel campionato appena concluso nella forma di punti di penalizzazione in classifica, si genererebbe, ope iudicis, uno stravolgimento della medesima graduatoria finale che catapulterebbe il Parma oltre la posizione che le è valsa la promozione diretta, spalancando le porte della A al Palermo, prima esclusa dopo i playoff.
Antonio Rico