Non ce l’ha fatta Sergio Marchionne, il brillante manager italo-canadese originario di Chieti. Negli ultimi giorni le notizie circa le sue gravi condizioni di salute si erano diffuse rapidamente, tra lo stupore e incredulità per la celerità con la quale erano andate peggiorando. Nel giro di poche ore, infatti, si era passati da “condizioni stabili” a “peggioramento improvviso” fino a “condizioni disperate” e “coma profondo”. Si trovava a Zurigo dal 28 giugno, presso l’Universitätsspital, per un’operazione alla spalla destra che, apparentemente, non destava preoccupazioni. Lo stesso Marchionne, infatti, aveva in programma impegni per i prossimi cinque giorni. Ma qualcosa non è andato come previsto e la situazione è precipitata. L’ospedale, luogo praticamente inaccessibile agli occhi degli estranei, aveva reso impossibile determinare quanto stesse accadendo. Chi lo aveva visto il giorno prima dell’operazione, all’indomani della presentazione alla stampa delle Jeep Wrangler fornite in dotazione ai carabinieri, aveva capito immediatamente che la situazione era più complessa di quanto dichiarato. Troppo debole, visibilmente stanco, provato e con difficoltà a stare in piedi.
La doccia gelata si è avuta il 21 luglio, quando la FCA (acronimo di Fiat Chrysler Automobiles), società discendente della FIAT, aveva comunicato la rimozione dalla carica di CEO di Marchionne (che durava dal 2009) sostituendolo con l’inglese Mike Manley (dal 2009 CEO di Jeep). L’avvicendamento del manager era stato deciso per via delle sue condizioni di salute, dopo che in settimana erano sopraggiunte “complicazioni inattese durante la convalescenza post-operatoria, aggravatesi ulteriormente nelle ultime ore“. Spiegazione ufficiale che, di fatto, aveva fatto comprendere la gravità della situazione, probabilmente irrisolvibile.
Tutto il mondo piange un leader, un manager con abilità straordinarie e un’intelligenza sopra la media. El Pais, il Wall Street Journal, Le Monde, e moltissimi altri grandi quotidiani hanno aperto dandone la notizia. Dal momento in cui il cambio di vertice in FCA e Ferrari è stato reso noto, la stampa nazionale e internazionale ha riempito le proprie pagine con il nome Marchionne, indice di come l’influenza dell’ex numero 1 fosse reale e frutto della grande competenza che lo portò a elevarsi sopra la maggioranza dei colleghi. Straordinario il lavoro compiuto con la FIAT, presa sull’orlo del fallimento, risanata e rilanciata verso un futuro roseo e ricco di ottimismo (lo scorso primo giugno aveva annunciato 45 miliardi di euro d’investimento entro il 2022). Nel 2004 la capitalizzazione dell’allora Gruppo Fiat era di 5,5 miliardi di euro ed ora, tenendo conto di tutte le società nate dagli spin off (FCA, CNH Industrial e Ferrari), è di circa 60 miliardi di euro. Toccante l’omaggio apparso sul sito della CNN che lo ha ringraziato “per aver salvato Chrysler dopo che la crisi finanziaria aveva lasciato le case automobilistiche statunitensi sull’orlo del collasso“.
Storico l’avvicendamento alla presidenza della Ferrari NV. e Ferrari S.p.A. tra lui e Luca Cordero di Montezemolo. Sotto la sua guida anche il cavallino rampante ha ripreso vigore in Formula 1, arrivando, quest’anno, a competere per il titolo iridato con Vettel, professionista e uomo assai stimato dal manager abruzzese. Di lui, della sua vita, delle sue straordinarie capacità e abilità manageriali si è detto moltissimo. E ancora di più si dirà nei prossimi giorni. Ma, forse, vale la pena concludere con le sue parole, le stesse che riversò nello slogan della nuova 500 e che oggi assumono un significato ancora più profondo: “La vita è un insieme di luoghi e di persone che scrivono il tempo, il nostro tempo”