Seconda serata con la 68^ edizione del Festival di Sanremo. Non appena Michelle Hunziker ha annunciato Mirkoeilcane, chissà perché mi aspettavo di veder arrivare sul palco un cantante con un cagnolino al guinzaglio. Invece no, si è presentato un giovane ragazzo di 31 anni, sobriamente vestito che, tutt’a un tratto, ha cantato: “Stiamo tutti bene”. Ho pensato immediatamente alla leva calcistica di De Gregori, forse perché il Mario della canzone gioca a pallone. Andando avanti nell’ascolto, però, come per magia, una grande emozione si è impossessata di me. Sono rimasta incollata a sentire questo racconto, questa storia, di emigrazione, lacrime, freddo e mare. Non è cantata ma è parlata, esattamente come il “Signor Tenente” di Giorgio Faletti (giusto per intenderci). Mario esiste davvero, anche se ha un altro nome e lavora in un bar romano. Ha raccontato la sua storia a Mirkoeilcane – al secolo Mirko Mancini – e lui ne ha tratto una bellissima canzone. Che poi Mirko abbia in casa un gatto e non un cane, canti da tanto tempo e abbia vinto anche premi importanti come “Musicultura” e “Premio Bindi”, sia tra i 50 candidati al “Premio Tenco”, è un altro discorso. Per chi non lo sapesse, inoltre, scrive canzoni da sempre e ha intrapreso la carriera solista da appena due anni; abita alla Garbatella ed è cresciuto con la musica dei Pooh perché suo padre è un fan sfegatato di uno dei gruppi italiani più longevi di sempre. Il brano presentato da Mirko meriterebbe di vincere, anche se, forse, non tutti l’hanno realmente compreso, dato che la prima sera non si è classificato neanche tra i primi. Ma di una cosa sono convinta, però: questo ragazzo di strada ne farà, perché la sua hit è bella, perché ricorda il mitico Gaber e perché l’ha composta per far si che certe storie non diventino quotidianità senza destare più scalpore. In tanti hanno puntato su di lui per la vittoria finale e, oltre a questa, potrebbe esserci la sorpresa di vederlo davvero arrivare con un cane, così, tanto per dar seguito a questa furbata del nome che curiosità ne desta. Chiamarsi Mirko Mancini sarebbe stato banale, ma Mirkoeilcoccodrillo, forse, era davvero troppo. Roberta Maiolini