Ghiaccio bollente. Grace Kelly e Alfred Hitchcock, il maestro del cinema e la sua musa

“Si dice spesso che il signor Hitchcock disprezzi gli attori. Ma in realtà li tratta in un modo speciale, ed è in grado di ottenere da loro esattamente quello che vuole in una performance. Il suo humour inimitabile li mette a loro agio, mentre la sua pazienza inesauribile dà loro tutta la sicurezza di cui hanno bisogno. Certo, a volte non fa altro che stremarli finché non ottiene ciò che vuole.” (Grace Kelly)

Si è parlato molto della passione di Alfred Hitchcock per le bionde. Secondo il regista, le attrici bionde incarnavano un ideale di sensualità particolarissimo: non esplicito bensì algido e ambiguo, dunque infinitamente più suggestivo, come delle stelle irraggiungibili. Di protagoniste bionde possiamo trovarne parecchie nella filmografia di Hitchcock, ma la più iconica è di gran lunga Grace Kelly. Nessuna riuscì mai a interpretare il suo ideale di femminilità come lei, e quando la ventiseienne Grace scelse di ritirarsi dalle scene, all’apice del suo successo, per sposare il principe Ranieri III di Monaco che, ironia della sorte, aveva conosciuto sul set di Caccia al ladro di Hitchcock, sulla Costa Azzurra – il regista fu devastato. Ma accolse la notizia con il suo classico English humour, che tanto deliziava Grace quando lavoravano assieme sul set: sfruttando un intraducibile gioco di parole, Hitchcock inviò a Grace, come regalo per la sua bridal shower (la tradizione anglosassone di consegnare i regali agli sposi prima del matrimonio), una cuffia da doccia, in inglese shower cap.

Ma quali furono gli ingredienti alla base della straordinaria chimica tra Alfred Hitchcock e Grace Kelly? Contrariamente a quanto si possa pensare, non fu Hitchcock a lanciarla ad Hollywood: prima di conoscerlo, Grace aveva già girato Mezzogiorno di fuoco con Gary Cooper e Mogambo con Clark Gable e Ava Gardner, e si era già guadagnata una nomination all’Oscar come Miglior attrice non protagonista a soli 24 anni. La sua personalità come attrice era ben definita: Grace era elegantissima e raffinata nonostante le sue origini fossero umili, sapeva navigare con grazia le acque torbide di Hollywood, ma soprattutto aveva una salda etica lavorativa e desiderava mettersi alla prova e lavorare sodo per migliorarsi. Era indipendente e aveva pieno controllo sulla propria immagine, che curava personalmente: non rivelava le sue misure, non recitò mai in un B-movie, non accettò mai di farsi fotografare in pose o costumi trasgressivi, e rifiutava di farsi truccare pesantemente perché voleva apparire il più naturale possibile sullo schermo (una posizione che per un’attrice sarebbe considerata controversa anche nel 2018, figurarsi negli anni ’50!). Grace, assieme a Audrey Hepburn, era l’opposto dell’ideale di bellezza femminile proposto da Hollywood all’epoca. Ma quando Hitchcock la vide per la prima volta, non fu colpito tanto dal suo aspetto fisico, quanto dal suo talento: “vide in lei il potenziale della malinconia“. Fu allora che decise che Grace sarebbe stata la protagonista del suo Dial M for Murder, in italiano Il Delitto Perfetto (1953). Così Grace si guadagnò il ruolo di Margot Mary Wendice, la splendida moglie-trofeo di un ex campione di tennis, che nasconde dietro la sua alterigia una bollente doppia vita. Quello che Hitchcock riuscì a trovare in Grace, e quello che Grace riuscì a dare a Hitchcock, fu l’ambiguità, il mistero, la suspence nella sensualità: se l’intento di sedurre è troppo esplicito, sosteneva lui, perde di fascino. Per questo Hitchcock preferiva Grace Kelly alle blonde bombshells più famose di Hollywood, Marilyn Monroe e Brigitte Bardot: Grace, per lui, era “ghiaccio bollente“.

Il secondo film di Hitchcock e Grace fu il celeberrimo Rear Window, La finestra sul cortile (1954), unanimemente considerato uno dei capolavori di Hitchcock e della storia del cinema, anche grazie alla straordinaria interpretazione di Grace Kelly, che in questo film ci regala uno dei momenti cinematografici più iconici di sempre: l’entrata in scena di Lisa Freemont, la sofisticata fidanzata del protagonista Jeff Jeffries, interpretato da James Stewart. In questa scena vediamo Jeff addormentato su una sedia a rotelle, sulla quale una frattura alla gamba l’ha costretto. Un’ombra si allunga sul suo viso: è Lisa, il personaggio di Grace, che si china a svegliarlo come un bacio. Come l’ha definito lo scrittore Neil Sinyard, “in un rovesciamento della tradizione, un eroe dormiente viene risvegliato dal bacio di una principessa“. Mai come in La finestra sul cortile Hitchcock fu così accomodante nei confronti di una star: segno evidente della sua predilezione per Grace Kelly. Che, cinematograficamente, poté essere esplicitata solo in un altro film, l’ultimo di Hitchcock con Grace: To catch a thief, Caccia al ladro (1955), in seguito al quale il matrimonio di Grace segnò la fine della sua carriera come attrice. Era diventata Grace di Monaco, una principessa. Ventotto anni dopo, Grace morì in un incidente stradale: accadde sulla stessa corniche di Montecarlo dove Hitchcock l’aveva immortalata guidare in una celebre scena di Caccia al ladro. Ma la leggenda di Grace, e del suo particolarissimo rapporto con il maestro Hitchcock, vive ancora.

Francesca Trinchini

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