Ciò che rimane per tutti coloro, che come me, non hanno avuto la possibilità di vivere la storia sportiva di Fiorenzo Magni, é quell’istantanea sbiadita che ritrae l’immane sforzo dell’atleta lungo una polverosa strada in salita, mentre stringe tra i denti una camera d’aria legata al manubrio.
Momenti di grande sofferenza con una clavicola e l’omero fratturati, spalle basse sul manubrio, e sguardo rivolto in avanti durante l’interminabile ascesa. Conosciuto come il Leone delle Fiandre, fama ottenuta in seguito a tre vittorie consecutive nell’omonimo giro, è stato ottimo discesista e instancabile passista, qualità che lo hanno portato a vincere numerose gare e tre Giri d’Italia battendo “L’airone” e “Ginettaccio”. Grande umiltà, forza d’animo e rispetto per gli avversari hanno reso Magni uno dei ciclisti più apprezzati nell’Italia del dopoguerra. Tante vittorie ed altrettante sconfitte, definisce così la sua carriera “ho perso quando meritavo di vincere e ho vinto quando meritavo di perdere, non ho rimpianti nella mia vita sportiva” e riferendosi ai rivali di sempre prosegue “Coppi e Bartali? Due campioni che mi hanno insegnato a perdere”. Antonio Conte