La politica italiana è una cosa difficile. È difficile trovare risposta a domande assolutamente fondamentali, tipo: come si fa ad essere un bravo politico? A cosa pensa davvero Maurizio Gasparri? Come è ontologicamente possibile essere ancora renziani? E soprattutto: pensa?! Ma quindi Gasparri pensa?! Quest’ultima domanda purtroppo resterà per sempre in sospeso, mentre le altre hanno una risposta diversa a seconda del partito di cui “collezioniamo figurine”. Volendo, anche a seconda di quante testate uno ha dato allo spigolo del comodino all’indomani del 5 marzo: questo vale solo per i renziani pentiti, ovviamente. Cazzate a parte, andiamo avanti. Come ogni cosa difficile, la politica non si può capire senza prima farla. E per quanto ci si impegni, una volta iniziato “il percorso” è necessaria una certa trasformazione. Non è sempre un male: magari uno afferra che alcune cose tanto “ovvie”, sono semplicemente impossibili. Tipo quella di non allearsi in un contesto tripolare. Nella giornata di ieri hanno preso il via le prime “consultazioni” tra i capigruppo del Movimento Cinque Stelle, Danilo Toninelli e Giulia Grillo, e i presidenti dei parlamentari della Lega, Gian Marco Centinaio e Giancarlo Giorgetti. Successivamente c’è stato il vertice con la delegazione di Forza Italia. Infine il confronto con LeU (il PD invece si è defilato). Non proprio chiacchierate d’impatto tipo uno scambio amichevole d’opinioni con Roberto Spada o interessanti come l’ennesima supercazzola di Diego Fusaro. Però è lecito domandarsi: l’M5S si sta forse avvicinando ad una propria richiesta di alleanza? Sta finalmente capendo che il 32 percento (come il 37 percento del centrodestra) gli è sufficiente per imporre diktat quanto un panino per saziare Giuliano Ferrara? Nonostante percentuali divise che non consentono a nessuno di governare separatamente, questo bagno di umiltà sta tardando davvero tanto ad arrivare, per tutti. Il nostro brevettato “stallo all’italiana” da un lato porta la situazione a restare “congelata”; dall’altro, fa capire che la prospettiva per i partiti di potersi accordare su una nuova legge elettorale in tempi brevi, e poi tornare subito al voto, è fantasiosa quanto vedere l’on Brunetta cantare la sigla di “Occhi di gatto” in una puntata de Lo zecchino d’oro. Speriamo in un miracolo e preghiamo che in tanti la smettano di difendere la propria coerenza in modo così “talebano”. Semplicemente per un motivo: è facile essere “coerenti” da spettatori; ma è quando diventa impossibile esserlo da protagonisti che si vede con quanta abilità uno sa trasformare qualche “passo indietro” in un tragitto per una rincorsa. Intanto, come sempre, godiamoci lo spettacolo. E, casomai non ci fossero miracoli, a tutti noi buon disastro.