A 85 anni si è spento Philip Roth, emblema della letteratura americana e tra i massimi esponenti di quella mondiale. Ricoverato da giorni in un ospedale di Manhattan, a causarne il decesso sarebbe stata un’insufficienza cardiaca, come rivelato al NY Times dal suo biografo Andrew Wilye. La sua opera più amata e conosciuta è certamente “Pastorale Americana” che nel 1997 gli valse il premio Pulitzer ma che non bastò a conquistare il premio Nobel, unica macchia in una carriera costellata di successi, più o meno riconosciuti dal grande pubblico. Fonte d’ispirazione per tutti coloro che hanno inteso approcciare alla letteratura a stelle e strisce esplorandone la sua società, le sue contraddizioni, i suoi temi più scottanti come sesso e moralità, la strada tracciata da Roth è stata ripresa da un’infinità di ammiratori. I suoi racconti sull’identità, gli ideali e la religione americana, spesso, sono stati al centro anche di critiche per la schiettezza con cui li ha affrontati, senza lasciarsi sopraffare da false speranze e moralismi. Nel 2009 aveva annunciato il ritiro dall’attività, ma aveva fatto in tempo a lasciarsi capolavori di inestimabile valore. Grazie di tutto, Philip