Per spingere la propria economia l’Abruzzo fa del turismo e delle piccole imprese manifatturiere o artigianali il suo punto di forza. Nell’ultimo decennio, infatti, la regione non ha avuto una grandissima crescita, vuoi per una cattiva politica vuoi per il dramma del terremoto del 2009. Qualcosa però si sta muovendo, molti giovani invece di voler emigrare stanno riscoprendo vecchi mestieri, investendo sull’agricoltura o sui lavori artigianali ma, purtroppo, esiste anche la concorrenza sleale, ovvero quelle persone che svolgono quei lavori senza pagare le tasse, senza dover versare un singolo soldo allo stato, abbattendo così i propri prezzi di vendita e mettendo in ginocchio le imprese regolari, questo è quando emerge da un approfondimento svolto dalla Confartigianato Abruzzo, che ha elaborato i dati del Centro studi della Confederazione Nazionale. In Abruzzo il tasso di irregolarità dell’occupazione è pari al 16,7% (13,5% in Italia), dato che colloca la regione al quinto posto della graduatoria nazionale, dopo Calabria (23,2%), Campania (21%), Sicilia (20,6%) e Puglia (17,6%). L’indice di pressione della concorrenza sleale del lavoro non regolare sull’occupazione artigiana, è pari a 1,6.
La Provincia dove la criticità raggiunge una percentuale elevatissima è quella dell’Aquila, qui le imprese artigiane esposte a concorrenza sleale del sommerso sono 4.687, cioè il 67,9% dell’artigianato. È impensabile sperare in una ripartenza dell’economia se non si combatte questo fenomeno, i mezzi ci sono, mancano i controlli e spesso la volontà di farli, costringendo così spesso le persone che investono in un progetto, ma che soprattutto pagano le tasse a dover chiudere bottega con una conseguente emigrazione dalla propria terra in cerca di un lavoro stabile. E pensare che basterebbe solo applicare la legge.
Domenico Corsetti