L’insostenibile leggerezza del fallimentare sport italiano

Francamente non sono sorpreso. E neanche incazzato. C’era da attenderselo. Sono deluso, però. Deluso da come il day after è ricco di idee, progetti, espressioni e concetti che sento dire e rivendicare da buoni quindici anni. “Troppi stranieri”, “campionato mediocre”, “non escono talenti”, “non abbiamo mentalità”, sono solo parte della valanga di parole che, a ogni fallimento del calcio tricolore, tornano in auge. Quando si parla di Nazionale, poi, l’Italia, assieme al Brasile, è lo Stato con più C.T. al mondo. Siamo fortunati, ma non lo sappiamo.Ho letto e sto leggendo di tutto in questo ore, ma il problema vero, quello principale e scatenante la figura oscena rimediata ieri dagli azzurri, invece, ancora una volta, passa in secondo piano. Lo sport è lo specchio della società. E la società italiana, senza voler scoperchiare il vaso di Pandora, è una società che stenta a rinnovarsi, a cercare nuove strade e a mettere in atto soluzioni. Forse per mancanza di coraggio, forse per scarsa capacità di costruire e pensare in prospettiva, forse perchè realmente dobbiamo darci una ridimensionata e metterci in discussione tutti, fatto sta che lo sport italiano è ai minimi storici. In un paese che respira calcio h24, la mancata qualificazione dell’Italia ai mondiali non può che essere vista come una tragedia. Ma il fallimento nasce da molto più lontano, essendo la Nazionale la punta di un movimento. Il calcio italiano non è in crisi perchè questo presupporrebbe un “appannamento” o un momento di “transizione”. No, il calcio italiano è al punto zero, ma da immediatamente dopo il mondiale del 2006. Risultati alla mano, veniamo da undici anni di umiliazioni, fallimenti, progetti sbandierati in pompa magna e finiti nel dimenticatoio, o peggio. Il calcio, nel nostro Paese, che di esso si nutre e di esso si esalta, è, oramai, una macchietta. Ma è tutto lo sporto italiano a esserlo, specialmente quello di “squadra”. Abbiamo già dimenticato la pallacanestro o il rugby? E la pallavvolo? Il nuoto? Tanti fallimenti, pochissime soddisfazioni. La realtà, triste e inequivocabile, è che lo sport nel Bel Paese non gode della giusta considerazione e degli incentivi che, invece, meriterebbe di catalizzare. Adesso è il momento di un esame di coscenza collettivo che deve coinvolgere tutti gli esponenti della parte “amministrativa”. Dal CONI alle varie federazioni. Ripartire da zero, programmare, costruire, sviluppare, modernizzare. Osare! Solo così potremo uscire fuori da questa valle di lacrime che è diventato lo sport italiano. Ma, con chiaro riferimento alla FIGC, quando si ha un presidente che definisce “handicappate” le donne e “mangia banane” un giocatore di colore, dove vogliamo andare? Siamo ipocriti, oggettivamente, e abituati a mettere la testa sotto la sabbia. Consideriamo l’effetto, ma non consideriamo la causa. Lo sport, si, è lo specchio della società.

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