Delle famose dichiarazioni di Gigi Buffon nell’immediato post partita di Champions League contro il Real Madrid è stato detto e scritto tanto, forse troppo. Soprattutto è stato scritto di tutto. La sensazione che il portierone bianconero potesse aver fatto il passo più lungo della gamba è parso, però, evidente fin dal primo istante. Una reazione così istintiva e dai toni volutamente esagerati in pochi se la sarebbero aspettata. Sicuramente non da un capitano di lungo corso con 176 partite in nazionale, 125 in Champions League e con un palmerès di vittorie assolutamente invidiabile. Lungi dal volere giudicare le emozioni e lo stato emotivo di Buffon in quegli attimi, ciò che ha francamente sorpreso è stato il bollare come “insensibile” il direttore di gara. Come se un arbitro fosse lì a decidere in base alle emozioni dei ventidue sul campo da gioco.
Potremmo dire che queste parole – rotte da una comprensibile ira – lo hanno “umanizzato”, avvicinandolo, di fatto, a noi comuni mortali, forse più abituati a un simile linguaggio e a una simile escalation di aggettivi qualificativi. Questo si, riconosciamoglielo. Ma queste parole, ormai, sono diventate un tormentone esponendo, inevitabilmente, Gigi alla gogna mediatica. E così, tra mame spietati e prese in giro collettive, uno tra i portieri più forti di tutti i tempi è diventato una sorta di “macchietta”, svilito della sua autorevolezza e preso per i fondelli da metà Europa. L’altra metà o è juventina o è contro i Galacticos.
Ma durante i concitati momenti precedenti al rigore realizzato da Cristiano Ronaldo – che è costato l’eliminazione alla Juventus – un altro simbolo bianconero ha perso il lume della ragione. Parliamo di Giorgio Chiellini che non ha avuto niente di meglio da fare che urlare a gran voce “You Pay” (rivolto ai giocatori madrileni) enfatizzando le parole con un gesto inequivocabile. Ora, senza voler essere ipocriti, la frustrazione, la delusione, la rabbia, sono emozioni che appartengono a tutti noi e sarebbe sbagliato – oltre che grave – non volerle concedere anche a professionisti quali Chiellini e Buffon. Uomini, prima ancora che grandi giocatori. Ma, nel momento in cui la fase calda stava passando, ecco che scoppia la polemica Benatia – Crozza, con il primo che risponde in maniera seccata e minacciosa all0 scherno del secondo, da alcuni considerato addirittura un comico.
Ora, senza continuare a gettare benzina sul fuoco stando qui a rivangare parole, gesti e momenti di “ira funesta“, appare, però, evidente che la dirigenza juventina abbia perso la bussola nell’indirizzare i suoi “dipendenti” a quell’equilibrio, quello stile, che ha contraddistinto i fasti di una delle società più vincenti nel panorama calcistico internazionale. Per dirla con più chiarezza: dalle reazioni del portiere e dei suoi due difensori la Juventus non ha guadagnato in empatia col pubblico (figuriamoci in simpatia o solidarietà) ma ne è stata gravemente pregiudicata e danneggiata da un punto di vista d’immagine. Perchè è da quello sciagurato post partita che anche i tifosi più faziosi riconoscono l’esagerazione e l’inutilità di dichiarazioni a tratti anche ridicole e, a dirla tutta, fuori luogo e ingiustificate. Certo, il presidente Agnelli di stile ne ha mostrato eccome, esattamente come Massimiliano Allegri che ha usato più la testa che la pancia per rispondere alle domande scomode. Forse, però, sarebbe il caso di fare un passo indietro e prendere esempio da quel grande giocatore e capitano che è stato Alessandro Del Piero che mai avrebbe rilasciato simili esternazioni da terza categoria provinciale. Ah già, lo stesso che molto tatto e delicatezza fu fatto “allontanare” dalla squadra a cui tanto aveva dato negli anni e con cui aveva scritto pagine indelebili rimaste impresse nella memoria dei tifosi della squadra più titolata d’Italia. Che lo “stile Juve” sia venuto meno a partire da quel momento?