Living la Dolce Vita. Nella Roma degli anni ’50, il sogno tutto italiano immortalato da Fellini

 “Giugno 1958 – Una società sguaiata, che esprime la sua fredda voglia di vivere più esibendosi che godendo realmente la vita, merita fotografi petulanti.” (Ennio Flaiano)

I “fotografi petulanti” menzionati da Flaiano sono, chiaramente, i paparazzi – che allora, quando Flaiano girovagava per Roma assieme a Federico Fellini, prendendo appunti per la sceneggiatura di quella che sarebbe stata La dolce vita, non si chiamavano ancora così. Era il 1958 e l’Italia cavalcava l’onda del boom economico del tardo dopoguerra. Il centro mondano e intellettuale (all’epoca, i due mondi si intersecavano con grande facilità) del paese era, naturalmente, Roma. Come l’Andrea Sperelli dannunziano, gli intellettuali preferivano la Roma barocca a quella imperiale: come la Fontana di Trevi, che farà da cornice alla scena più iconica de La dolce vita; o Piazza del Popolo, dove amavano discutere, seduti ai tavolini dei bar, scrittori del calibro di Moravia, Arbasino, Pasolini (che pure collaborò alla sceneggiatura de La dolce vita, ma non venne accreditato), Cardarelli, Alvaro, Brancati, talvolta anche Elio Vittorini e Curzio Malaparte, nonché ovviamente Flaiano. Ma il cuore dell’autentica Dolce Vita romana non poteva che essere Via Veneto, sulla quale si affacciavano gli hotel più gettonati dalle celebrità – che attiravano sciami di paparazzi – e i locali notturni più in voga, come lo storico Piper. In realtà, la Dolce Vita nacque ufficialmente in un ristorante a Trastevere, il 5 novembre 1958. Al termine del birthday party della contessa Olghina di Robilant, la ballerina turca Aïché Nana improvvisò un sensualissimo spogliarello, inevitabilmente immortalato dal fotografo d’assalto Tazio Secchiaroli – l’ispirazione dietro il Paparazzo felliniano. Il rullino di Secchiaroli venne miracolosamente salvato dal press-agent Enrico Lucherini, e le foto dello spogliarello vennero pubblicate su L’Espresso. Scoppiò lo scandalo… ma scoppiò anche la Dolce Vita. Non è un caso che, quella sera, fossero presenti nel locale anche Anita Ekberg e Laura Betti, che avrebbero entrambe recitato nel film di Fellini. La dolce vita di Fellini fu un capolavoro assoluto, ma segnò come una lapide la fine dell’autentica Dolce Vita. Per molti la Dolce Vita finì con le rivolte del ’68, ma secondo lo stesso Alberto Arbasino non è andata così: “Dopo il film arrivarono frotte di turisti, e addio. Una vera tragedia. Lì nacque un’altra battuta di Flaiano: Vedi, quelli? Credono di essere noi.” Perché, per quanto cerchiamo di replicarla – e ci siamo quasi riusciti, come con la Milano da bere degli anni ’80 – la Dolce Vita è intrinsecamente legata al tempo e al contesto sociale in cui è fiorita, e nessuno la riavrà mai.

Francesca Trinchini

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