Tramite il proprio profilo facebook, il professor Guido Saraceni, docente di Filosofia del Diritto e Informatica Giuridica presso la Facoltà di Giurisprudenza della Università degli Studi di Teramo, ha commentato la triste vicenda legata alla morte di Giada De Filippo, studentessa di 26 anni che si è tolta la vita pochi giorni fa, in occasione del giorno della presunta laurea. Alla base del gesto – così sembrerebbe – il non essere riuscita a completare gli esami per tempo alla facoltà di Scienze Naturali a Napoli. Ha finto di doversi laureare ma non ha retto alla finta verità. Secondo le prime indagini delle forze dell’ordine che stanno ricostruendo quanto accaduto nei minuti che hanno preceduto la tragedia, Giada era al telefono con il suo fidanzato proprio mentre si apprestava a salire sul tetto della palazzina. In facoltà erano giunti mamma e papà della 25enne, il fratello, le cugine, i genitori del fidanzato e tanti parenti.
Questo il post integrale:
“Per quanto mi riguarda, la giornata delle lauree è un giorno di lavoro non meno faticoso e stressante di altri. I candidati devono essere attentamente ascoltati, interrogati e valutati. I voti devono essere discussi, spesso anche lungamente, con una commissione di colleghi che non sempre hanno le stesse idee, la stessa sensibilità culturale o lo stesso identico orientamento in tema di voti. Eppure, la giornata delle lauree per me è anche una giornata gioiosa. Guardando il volto dei genitori, degli amici, dei parenti accorsi per sostenere e supportare il proprio candidato, partecipo volentieri della loro felicità, ne percepisco l’orgoglio e l’emozione.
Mentre il candidato parla, sono tesi come corde di violino, attenti ad ogni singola parola, con gli occhi lucidi e lo sguardo fiero. Dopo, si lasciano andare ai festeggiamenti, con tanto di cori e coriandoli. La giornata delle lauree celebra la maturazione, la fatica e l’impegno dei nostri studenti. Ha il sapore della speranza nel futuro. A queste cose ho pensato ieri, quando letto che una ragazza di Napoli, il giorno delle lauree, è salita sul tetto dell’Ateneo e si è lanciata nel vuoto: aveva detto a parenti ed amici che quel giorno si sarebbe laureata, ma non aveva completato il ciclo di studi.
L’Università non è una gara, non serve per dare soddisfazione alle persone che ci circondano, non è una affannosa corsa ad ostacoli verso il lavoro. Studiare significa seguire la propria intima vocazione. Il percorso di studi pone lo studente davanti a se stesso. Cerchiamo di spiegarlo bene ai nostri ragazzi. Liberiamoli una volta per tutte dall’ossessione della prestazione perfetta, della competizione infinita, della vittoria ad ogni costo. Lasciamoli liberi di essere se stessi e di sbagliare. Questo è il più bel dono che possono ricevere. Il gesto d’amore che può letteralmente salvarne la vita”.