Una delle pagine più dolorose e sconvolgenti della storia dell’umanità perde un altro pezzo: si tratta di Oskar Gröning, meglio noto come “il contabile di Auschwitz”, morto qualche giorno fa all’età di 96 anni. Il suo compito, all’interno del campo di concentramento, era quello di registrare e classificare i beni sequestrati ai prigionieri. Pur non avendo mai fatto carriera ai massimi gradi militari, ebbe un ruolo attivo anche nelle note vicende naziste. Nel 1985 la prima inchiesta che lo vedeva protagonista venne chiusa e archiviata per insufficienza di prove, ma nel 2015, a seguito di una seconda inchiesta fu condannato a quattro anni di reclusione, nonostante avesse sempre affermato di non aver mai ricoperto un ruolo attivo nello sterminio di ebrei internati. Fino alla morte aveva sempre insistito nel dichiararsi parte di un meccanismo di “back office” per via del ruolo ad Auschwitz. Posizione rivendicata in numerose interviste, processi e apparizioni a mezzo stampa. Ma nessuno ci ha mai creduto veramente, e se non è stato condannato prima del 2015 era solo perché le prove, come detto, non erano sufficienti per procedere a incriminarlo.