I Golden State Warriors sono campioni NBA per la stagione 2017/ 2018 coronando un percorso per la verità pronosticato da molti all’inizio della regular season. Finisce malissimo invece per i tifosi dei Cavs che subiscono un 4 a 0 pesante e che probabilmente hanno assistito all’ultima partita di LeBron a Cleveland. Il Re ha fatto una stagione straordinaria, la migliore della sua carriera ed è riuscito a raggiungere per l’ottava volta consecutiva le Finals con il supporting cast peggiore mai avuto. Un’impresa che, guardando i numeri dei compagni di James durante tutta la serie finale, si è dimostrata ancor più incredibile.
Diciamolo chiaramente, le Finals sono state LeBron vs GSW con un Kevin Love che ha cercato di essere un fattore offensivo ma è stato ancora una volta troppo discontinuo in difesa. Si è sentita moltissimo la mancanza di un secondo violino (Kyrie Irving non è mai stato degnamente rimpiazzato) che potesse togliere compiti offensivi e far riposare il 23 e, inoltre, i giocatori che sono arrivati nelle trade di febbraio hanno avuto pochissimo impatto (Clarkcson su tutti). La stanchezza di James è aumentata con il proseguirsi della serie ed è quindi cambiato il suo modo di attaccare: in gara 1 è stato dominante e ha sempre cercato di andare al ferro mentre per esempio in gara 3 si è preso molti tiri dalla media distanza tirando sotto il 50%. Un altro giocatore chiave per i Cavs che è mancato in queste Finals è stato Kyle Korver, protagonista nelle serie precedenti grazie alle sue ottime percentuali da tre. Golden state non ha lasciato spazio ai tiratori più pericolosi di Cleveland, ha preferito far segnare LeBron piuttosto che mettere in ritmo i vari Hill, Smith e, appunto, Korver i quali, quando hanno avuto tiri non contestati, hanno inoltre tirato con percentuali pessime, sotto il 29 %. La colpa di questi errori è dovuta soprattutto al crollo mentale post gara-1 con la follia di Jr Smith che ha di fatto condannato i Cavs: chissà se l’intera serie avrebbe potuto avere un esito diverso con una vittoria all’esordio in quel della Oracle Arena? Interrogativo intrigante quanto impossibile da fugare. Golden State, dopo aver giocato una brutta gara 1, è subito tornata a giocare basket ad alti livelli, ha avuto un Curry in gran forma, un Durant “clutch” e, non a caso, MVP delle Finals oltre ad aver potuto come sempre contare su giocatori funzionali come Livingston, Iguodala, West e (non è uno scherzo…) Javale Mcgee che è riuscito a guadagnarsi minuti importanti valsi anche l’entrata in quintetto. Se Golden State dovesse riuscire a mantenere tutti i giocatori importanti sarà la squadra da battere ancora per tanti anni. L’ormai consolidata dinastia che i Warriors hanno creato ha cambiato il modo di giocare, ha imposto un ritmo offensivo che fino a qualche anno fa sarebbe stato impensabile e ha condizionato enormemente anche il futuro dell’intera NBA.
L’unico modo possibile per batterli sembra quello di formare dei “super team” e, non a caso, una delle possibili destinazioni di LeBron è Houston dove insieme ad Harden e Paul punterebbe fortemente al titolo. Rockets che sono stati la squadra capace più di ogni altra di mettere in difficoltà la franchigia della baia (e chissà, con quel Paul in gara7…) e anche per la prossima stagione si candida ad essere l’antagonista principale dei Warriors. Loro intanto si godono il sigaro e, soprattutto, l’ennesimo anello.
Lorenzo Milella