Quei bravi renziani: il Partito che da Democratico divenne semplicemente Defunto

“No no, noi non abbiamo fatto alcun errore. È colpa loro. È colpa loro se abbiamo perso”. “Di chi? Matteo, di chi è la colpa?”. “È colpa loro, no?! Non capisci?”. “Ma di chi? Matteo, non capisco”. “Ma che sei citrullo come Maurizio Gasparri? Noi non abbiamo fatto errori. Mai. Quindi è colpa loro”. “Oh, Matteo, mi vuoi rispondere? Chi sono loro?”. “Loro, dai! Prima ci trattano male, ci cacciano. Poi vogliono i miracoli. Adesso mi dovrei alleare con i Cinque Stelle?! Guarda, è più facile che il mi babbo è innocente. Ma pure a quello ormai non ci crede più nessuno”. “Ma quindi è colpa dei Cinque Stelle?”. “No. Cioè, si. Pure dei Cinque Stelle. Ma soprattutto è colpa loro”. “Ma di chi? Del Centrodestra?”. “No no, poverini. C’è quel bischero di Silvio Berlusconi che mi chiama al telefono più de la mi’ moglie. Poveraccio, da quando gli hanno ricondannato Marcello Dell’Utri ha svalvolato. Però loro hanno fatto danni”. “Ma chi? I giudici di Palermo?”.

“Niente da fare. Non capisci. Proprio non ci arrivi. Allora sei un gufo e un rosicone pure tu!”. “Matteo, ma come ti permetti? Ma se ti ho leccato il culo più di Matteo Orfini!”. “Hai ragione, scusa. Ma loro mi hanno proprio fatto perdere la brocca. Però è colpa loro. Ce l’ho messa tutta per risollevare l’Italia. Ho fatto una bella legge elettorale incostituzionale, un referendum che ho straperso, ho blindato i miei a destra e a manca per farli rieleggere. E talmente tanto altro da scriverci una Bibbia. La gente non lo sa, ma Maria Elena Boschi era candidata pure su Saturno, per sicurezza. Poi però loro mi hanno rovinato tutto, e dopo tutto il bene che ho fatto”. “Matteo, mi arrendo. Dimmi chi sono”. “Quelli lì”. “Quelli chi?”. “Lì, dai. Quei due. Come si chiamano?! Massimo Boldi e Vittorio De Sica sono tornati insieme”. “Christian De Sica, semmai”. “Ah, è arrivato il professorone. Mi pari Gustavo Zagrebelsky quando mi voleva correggere sulla Costituzione. Bischero!”. “Matteo, tu sei fuori”. “Sarà, ma ho capito come vincere le prossime elezioni e loro mi hanno fregato. Ora, voteranno tutti loro”. “Ma che dici?”. “Si, fidati. La gente vota i comici. Guarda i Cinque Stelle: li ha fondati Beppe Grillo, o no?! Ho pensato: ora faccio ridere tutti pure io, così voteranno pure a me!”. “Ma loro non fanno ridere”. “Come no? Ci son cresciuto coi loro cinepanettoni. Non vedi infatti quanto sono simpatico?”. “Matteo, basta!”. “Ma perché? Non faccio ridere io?”. “Si, Matteo. Fai ridere: e pure tanto!”. “Oh, per fortuna. Grazie, se-gre-ta-rio Maurizio Martina! Segretario, si: finché lo dico io!”.

C’è poco da fare. Ormai non ci resta che usare l’immaginazione. E neanche quella sembra bastare più per capire cosa sta avvenendo davvero e cosa avverrà. Sono passati due mesi dalle elezioni e, al confronto, lo stallo nel finale di Le Iene è scontato quanto lo sguardo perso del poro Claudio Cerasa di fronte alla scritta “tirare” sulla porta di un autogrill. In tutto questo, tra Cinque Stelle che cambiano più volte idea e Matteo Salvini che vuole marciare su Roma, gli unici coerenti sono quelli del Pd. Proseguono verso il loro obiettivo: l’autodistruzione. Ma, in fondo, è anche giusto. Dopotutto, rubando le parole di António Lobo Antunes, “se il padrone non si fa la serva, lei non si affeziona alla casa”. Quindi, negli ultimi anni, quelli del Pd sono stati semplicemente “aiutati” da Matteo Renzi a “voler più bene” al loro partito. Peccato che il metodo deve aver cominciato a piacergli, fin troppo. E, mentre loro guardano Renzi negli occhi profondamente e rimpiazzano ogni rivoluzione con un sottomesso e sussurrato “ancora”, a tutti noi l’augurio di un buono spettacolo e di un sereno disastro.

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