Le conseguenze della caduta di ieri hanno costretto il nostro Vincenzo Nibali a salutare anticipatamente un Tour de France che avrebbe sicuramente vissuto da protagonista, stante la brillante condizione mostrata nei primi acclivi alpini. Lo “Squalo”, in seguito alla rocambolesca e grottesca situazione che lo ha catapultato a terra a circa 4 km dall’arrivo della tappa sulla mitica cima dell’Alpe d’Huez, pare aver riportato una microfrattura ad una vertebra che ne impedisce categoricamente la risalita in sella per le prossime settimane. Oltre il danno, quindi, anche la beffa di un forfait quanto mai amaro, proprio per il ruolo da protagonista che gli sarebbe verosimilmente spettato nelle prossime puntate di questa Grand Boucle. Da appassionato di questo sport meraviglioso, da ammiratore delle immortali gesta degli eroi del pedale e, soprattutto, da italiano devo obbligatoriamente andarmi a soffermare sul danno più che sulla beffa.
Nibali ha dovuto dire addio al suo sogno in giallo per colpa dell’ennesimo e maldestro episodio appartenente alla galassia delle incapacità organizzative francesi. Inutile addolcire la pillola, l’incidente poteva e doveva essere evitato con quel briciolo di dovuta perizia che è lecito aspettarsi dagli organizzatori della corsa ciclistica più importante al mondo. La sua ricorsa alla maglia gialla è stata arrestata dalla tracolla di una macchina fotografica di un “appassionato” che, nell’eccitazione del momento e approfittando della totale mancanza di presidi di sicurezza a margine della strada, si era come molti letteralmente catapultato addosso agli alfieri delle due ruote a raggi. Quella maledetta stringa si è impigliata proprio addosso al nostro Vincenzo, come una rete per pesci spesso fa accidentalmente su uno squalo. Fatalità, certo ma questo non alleggerisce minimamente le responsabilità di un’organizzazione transalpina forse non sazia delle gaffes servite al mondo durante la recente parata sui Campi Elisi in occasione della festa nazionale e determinata, pertanto, a non smentire il proprio ineffabile marchio di fabbrica.
Sarebbe bastato prendere esempio dalla “vomitevole Italia” tanto invisa a Monsieur le Président Emmanuel Macron per evitare di scrivere questa brutta pagina di sport e magari lasciare la penna in mano al nostro Vincenzo per poi leggere delle sue vicissitudini sulle epiche ascese francesi: gli organizzatori della corsa in rosa provvidero infatti a schierare un “cordone umano salva-ciclisti” formato da centinaia di volontari della protezione civile negli ultimi tratti dello Zoncolan già dall’anno domini 2016, proprio per scongiurare il verificarsi di episodi, seppur fortuiti, come questo. L’interrogativo, a questo punto, sorge spontaneo. Si cospargeranno il capo di cenere? Macché. Il mancato abbuono del ritardo maturato a causa dell’incidente – assurdamente validato come “incidente di gara” dalla giuria preposta – è già stato una risposta netta in tal senso e ha dato “lustro” alla ciliegina sulla torta di tutta la vicenda, rappresentata dallo scatto in solitaria del francese (strano eh…) Bardet, lesto a far finta di non capire come tutti i big, da Dumoulin a Froome e Thomas, avessero deciso di aspettare la risalita in sella di Nibali per non macchiarsi di una vittoria “rubata” e pronto a saltare sui pedali per guadagnare una manciata di secondi con un gesto di autentico sciacallaggio sportivo. Chapeau al vostro stile, “cugini”!
Antonio Rico