Stephen King ispira, Netflix e Amazon eseguono. Due nuovi romanzi sul grande schermo

L’universo letterario di Stephen King non smette di alimentare i sogni e le ambizioni di chi, come Netflix e Amazon, vorrebbe trasporre sul grande schermo alcune opere dello scrittore del Maine. Solo negli ultimi due anni, infatti, oltre alla riuscita serie tv basata sul libro “22.11.63” con James Franco e Sarah Gadon, abbiamo assistito all’uscita del primo episodio de “La Torre Nera” (non proprio indimenticabile, siamo sinceri), de “Il Gioco Di Gerald” (prodotto da Netflix) e, soprattutto, della prima parte di “IT”, romanzo tra i più amati in assoluto che, invece, ha entusiasmato il pubblico di tutte le età. Ma se parliamo di King, autore tra i più prolifici in assoluto, il materiale cui attingere è praticamente sconfinato. Lo sanno bene Netflix e Amazon Prime, piattaforme in rapida ascesa che hanno deciso di investire tempo e risorse su “1922” (Netflix) e “Un Buon Matrimonio” (Amazon Prime), romanzi inediti contenuti nell’antologia “Notte Buia, Niente Stelle”, pubblicata nel 2010. Nel 2009, King la descrisse con queste parole:

Ho fatto del mio meglio per descrivere come la gente potrebbe comportarsi in certe situazioni estreme. Le persone in questi racconti non sono prive di speranza, ma riconoscono che a volte persino le speranze più fervide si rivelano vane. Quello che ci dicono, secondo me, è che la nobiltà non sta principalmente nel successo, ma nel cercare di fare la cosa giusta, e che se non riusciamo a farla, o intenzionalmente ci sottraiamo al compito, la conseguenza sarà l’inferno”.

Lo spirito che ne ha alimentato la scrittura e le atmosfere contenute al suo interno sono perfettamente in linea con la produzione di King, sempre affascinato dallo scavare a fondo nella mente dell’essere umano. Ma le trasposizioni su grande schermo delle sue opere non sempre sono state all’altezza della situazione. Ecco perché, in queste settimane, i fan dibattono apertamente sulla riuscita cinematografica di “1922” e “Un Buon Matrimonio”, non nascondendo – in alcuni casi – grossi dubbi a riguardo. Che dire, ai posteri l’ardua sentenza.

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