Parlare di clima o di surriscaldamento terrestre in questo inverno posticipato può sembrare un eufemismo, ma la verità che è importante farlo, soprattutto quando sui media l’esposizione delle notizie trova sempre meno spazio. Sentiamo spesso parlare di accordi globali, di un tentativo di abbattere le emissioni di Co2 e di conseguenza abbassare l’inquinamento atmosferico, ma nel merito di cosa si discute durante questi incontri tra le più grandi potenze mondiali? L’accordo (non vincolante), ha come scopo quello di:
– Mantenere l’aumento di temperatura inferiore ai 2 gradi, e compiere sforzi per mantenerlo entro 1,5 gradi.
– Smettere di incrementare le emissioni di gas serra il prima possibile e raggiungere nella seconda parte del secolo il momento in cui la produzione di nuovi gas serra sarà sufficientemente bassa da essere assorbita naturalmente.
– Versare 100 miliardi di dollari ogni anno ai paesi più poveri per aiutarli a sviluppare fonti di energia meno inquinanti.
– Controllare i progressi compiuti ogni cinque anni, tramite nuove conferenze.
Ma, come spesso accade, alcuni paesi decidono di non aderire o di sforare questo accordo. Ad esempio, nell’ultimo incontro svolto a Parigi erano assenti gli USA, l’Italia e la Germania, mentre la Cina continua invece a fare orecchie da mercante in nome di una corsa alla produttività più sfrenata. Forse, è per questo motivo che 225 investitori hanno deciso di fare la voce grossa. Hanno scritto una lettera alle 100 aziende più inquinanti, tra le quali spiccano: Airbus Group, Boeing Company, Suzuki Motor Corporation, Gazprom,Petrobas, Imperial Oil e molti altri.
In questa lettera sono sintetizzati tre punti, tre linee guida, la prima: migliorare il loro processo di governance sui rischi dei cambiamenti climatici e le misure per affrontarli. La seconda: intraprendere misure concrete per ridurre le emissioni su tutta la filiera, coerentemente con gli obiettivi dell’Accordo sul clima. La terza:essere più trasparenti di fronte ai propri investitori sul potenziale impatto dei cambiamenti climatici sul proprio modello di business. Tra i firmatari di questa lettera ci sono grandi nomi del settore investimenti:Allianz Global Investors,BNP Paribass Asset Management, HSBC Global Asset Management e Mirova.
Tutti colossi nel settore, in questa maniera cercano di farcapire che è finito il tempo di disattendere gli impegni presi, che loro non sono più disponibili a finanziare progetti industriali che non rispettano gli accordi sul clima. Insomma questi colossi cercano di portare in alto le parole di del segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres – “il green business è good business”. Speriamo davvero sia la volta buona, il pianeta ringrazierebbe. Domenico Corsetti