Trump-Messico: l’ex Procuratore TPIR, Silvana Arbia, condanna le scelte americane

Trump fa marcia indietro. Forse sulla scia del clamore provocato da alcune foto che, ormai, hanno fatto il giro del mondo. O, forse, sull’ondata emotiva che sta travolgendo la Casa Bianca, Melania compresa. Quel che è certo è che è di pochi giorni fa la notizia di un ordine esecutivo firmato dal presidente americano per porre fine alle separazioni tra minori e famiglie migranti irregolari al confine con il Messico. Sicuramente questa scelta rappresenta un sospiro di sollievo per tutti coloro che verranno fermati prossimamente al confine statunitense, ma nulla è dato sapere sulle sorti delle persone in attesa di giudizio che nelle ultime settimane sono state separate dai loro figli minori. Separazione bambini dai genitori: il passo indietro di Trump ci fa piacere ma non ci rassicura, l’uso che lo stesso fa del potere preoccupa e ci deve allarmare. Questo il post che si legge sulla pagina facebook di chi ha fatto della difesa dei diritti umani una propria prerogativa di vita, un obiettivo primario a tutela dei più deboli. Silvana Arbia, ex procuratore del Tribunale Penale Internazionale per il Ruanda e Cancelliere della Corte Penale Internazionale dal 2008 conosce bene il significato della violazione dei diritti umani, delle conseguenze internazionali e sa riconoscere quando una scelta politica è frutto di idee che devono essere solo che condannate. Scriverne, condannare e non dimenticare costituiscono insieme un’unica necessità e per questo ne abbiamo parlato insieme.

Una persona del suo calibro e della sua esperienza cosa pensa di quello che è accaduto al confine tra Stati Uniti e Messico?

Sono seriamente preoccupata. Le misure adottate dal presidente Trump possono costituire trattamenti crudeli, inumani o  degradanti se permangono per un certo tempo, non necessariamente lungo. La Convenzione internazionale delle Nazioni Unite per la prevenzione e la repressione della tortura e dei trattamenti crudeli, inumani o degradanti si applica anche negli USA che l’hanno ratificata. In aggiunta ai fatti gravi nella loro materialità, emerge anche lo svilimento dell’ONU nelle dichiarazione del presidente di uno stato che, disponendo del potere di veto, determina insieme alla Francia, alla Gran Bretagna, alla Cina e alla Russia, le decisioni del Consiglio di Sicurezza. Gli stati membri delle NU dovrebbero prendere posizione anche nelle loro relazioni bilaterali e non solo collettivamente in seno all’ONU. Anche la società civile ha un ruolo e una responsabilità ed é tenuta a esprimere con mezzi e modi disponibili una netta dissociazione e una netta condanna.

Durante la sua esperienza in Ruanda ha avuto modo di accertare la violazione dei diritti umani fondamentali durante il genocidio del 1994. Oggi, purtroppo, in molte parti del mondo sembra che non si abbia ancora ben chiara la definizione di cosa sia un diritto fondamentale inviolabile. Quello che sconcerta è il fatto che sia un paese come gli Stati Uniti a compiere scelte politiche davvero drastiche e lesive di un diritto. Secondo lei, qual è la soluzione più adatta  a tali problematiche? Negli ultimi periodi sembra che si stia tornando indietro…

Non é ancora sufficientemente assimilata la nozione di diritti umani o diritti fondamentali che non sono creati da leggi ma sono riconosciuti essendo preesistenti in quanto inerenti alla persona. Essi sono inalienabili, irrinunciabili, e indivisibili perché strettamente connessi con conseguente necessità di tutelarli tutti. Occorre anche ricordare che tali diritti non sono immutabili e vi é il rischio di involuzioni e affievolimento della loro tutela rispetto ad interessi contingenti, mentre si dovrebbe operare per ampiarne il riconoscimento. Recentemente si sono riconosciuti i diritti umani della “quarta generazione” a fronte di situazioni nuove nel campo della bioetica per esempio. Un serio rischio di  arretramento sul fronte della tutela dei diritti umani si rinviene generalmente in periodi di crisi economica. In Ruanda negli anni precedenti il 1994 vi era una grave crisi, la povertà e la disoccupazione favoriva l’arruolamento di giovani nelle milizie che poi eseguirono il genocidio deciso dal governo dell’epoca. Le discriminazioni e l’individuazione di un “nemico” (che può essere identificato in un gruppo etnico, o razziale o religioso o nazionale), nelle crisi é uno strumento di propaganda molto efficace. La conoscenza e la memoria degli eventi tragici accaduti in Ruanda e nell’ex Yugoslavia e in altri paesi, anche attualmente, é necessaria per comprendere la gravità di certe decisioni e di certe strumentalizzazioni politiche, nonché la possibilità che quei rischi siano presenti non soltanto in paesi che riteniamo in conflitto o comunque guidati da leader  il cui solo interesse é il potere personale, ma anche nei paesi cosiddetti occidentali o a sviluppo progredito.

Trump ha fatto un passo indietro affermando di voler ricongiungere i minori alle famiglie che aveva separato. Secondo lei come deve essere un buon politico per compiere le scelte giuste?

Occorre monitorare gli ulteriori eventi e le decisioni che Trump prenderà. Non ritengo soddisfacente la revoca della misura in questione, essendo rimasta immutata la politica di questo leader in materia di immigrazione. Il leader politico, oggi deve comprendere i bisogni attuali della società e deve guidare le comunità di cui si pone alla guida, verso obiettivi concreti, giusti, perseguibili all’interno di una visione dinamica e costruttiva dei mutamenti e degli accadimenti.

Lei si è presentata alle ultime politiche con la lista “Laboratorio SMS (Stato Moderno e Solidale)” facendo centrali le tematiche del diritto e della solidarietà. Nel nostro paese che ruolo rivestono il questi aspetti?

Osservando la situazione istituzionale italiana negli ultimi anni, ritengo che lo stato di diritto in Italia non sia più assicurato e i diritti fondamentali come pure i principi costituzionali siamo stati frequentemente pretermessi. La legge elettorale in vigore non garantisce sufficientemente la libertà di votare i propri rappresentanti. Lo stato di diritto é indispensabile per una lotta efficace contro la corruzione e la criminalità organizzata.  L’impegno diretto in politica consente di offrire un contributo a mutamenti positivi dello status quo. La protezione degli individui e dell’ambiente deve essere una priorità politica, non potendosi accettare che nell’epoca attuale vi sia un’alta percentuale di poveri, un numero elevato di disoccupati, disastri ambientali non puniti. La modernizzazione delle istituzioni, della società e delle relazioni tra istituzioni (nazionali ed europee) e cittadini, non può più essere rinviata. Non é più accettabile il divario tra Nord e Sud per quantità e qualità dei servizi e delle infrastrutture, per l’infimo grado di sviluppo che particolarmente umilia la Basilicata, nonostante la presenza di ricchezza di risorse ambientali. Il progetto politico SMS é nato in Basilicata volutamente perché si vuole accogliere la sfida di pianificare uno sviluppo caratterizzato dalla sostenibilità, dal rispetto dell’ambiente, dalla modernità, proprio in una regione che soffre di arretratezza e di estremo bisogno di riscatto

Tenere in alto il nome dei diritti umani e fondamentali non è sempre facile. Immagino ci siano stati momenti in cui ha pensato di lasciar perdere. Cosa l’ha spinta ad andare avanti?

Le difficoltà sono molteplici e a volte non sormontabili, tuttavia proprio l’esperienza internazionale presso l’ONU e presso la CPI mi ha confermato che lo stato di diritto che comprende anche la tutela più avanzata dei diritti umani e quindi della persona, può e deve essere un concreto obiettivo da perseguire. Grande ed inesauribile é la motivazione che deriva dalla convinzione di contribuire efficacemente a sottrarre alle ingiustizie e alle umiliazioni uomini, donne, popolazioni, se si mantiene alto e costante l’impegno a cercare la verità, e a lottare contro quelle ingiustizie, rimanendo fedeli a se stessi e senza rinunciare alla propria dignità. Se c’é tale motivazione non si risparmiano sforzi e se necessario rinunce, anche perché ci si sente attori e non spettatori dei cambiamenti del nostro tempo, situazione che ho scelto, che continuo a preferire e che finora mi ha consentito di realizzare progetti ambiziosi e di rilevante impatto.

Antonella Valente

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